Harmonia : Etimologia e Riflessioni di Zoltán Ludwig Kruse
«Dividere l’unito, unire il diviso è la vita della Natura; questa è l’eterna sistole e diastole, l’eterna sincrisi e diacrisi, l’in- e l’esalazione del mondo, in cui viviamo, tessiamo e esistiamo.»
(J. W. v. Goethe, “Farbenlehre”)
Etimologia
I dizionari etimologici tradizionali affermano di solito l’origine greco-latina della voce harmonia. Nel Dizionario etimologico Treccani si legge: «armonìa s. f. [dal lat. harmonĭa, gr. ἁρμονία, affine a ἁρμόζω «comporre, accordare»]. – 1. a. Consonanza di voci o di strumenti; combinazione di accordi, cioè di suoni simultanei (per estens., anche associazione di suoni successivi), che produce un’impressione piacevole all’orecchio e all’animo […]»; inoltre nel Dizionario di filosofia si legge: «armonia dal gr. ἁρµονία “unione”, “proporzione”, “accordo”. Concordanza tra elementi diversi che provoca piacere e, in senso più specifico, concordanza di suoni o assonanza di voci».
Telegrafica la spiegazione sul Wiktionary italiano: «dal latino harmonĭa, dal greco armonía, affine a armóso cioè “comporre, accordare”». Ugualmente sintetica è la spiegazione sul Wikipedia tedesco: «da agr. harmonía “armonia/giuste proporzioni”» e, adesso fate attenzione:
«sillaba ar o har: di origine indogermanica/indoeuropea = “l’unione di opposti a un intero”».
Anche le pagine in inglese, francese e spagnolo di Wikipedia propagano l’origine greco-latina del termine. I dizionari etimologici Duden e Rusconi spiegano la voce armonia come «derivata da mated., ated., ingl., sved. arm, got. arms “braccio”. In lat. arma fa parte di un vasto gruppo linguistico cui appartengono il derivato armilla “bracciale”, il diminutivo di artus, articulus “articolo”, il greco harmós “spalla”, harmónia “proporzione”, arithmós “numero” e forse anche il latino armentum. La radice comune è *ar- “congiungere, adattare”» (Rusconi). Qui però occorre sapere che l’asterisco *, che nei dizionari etimologici tradizionali ricorre in continuazione, indica la presunta, ipotetica origine indoeuropea di una certa “radice”; in questo caso della radice *ar-.
A questo punto ci si può chiedere, come mai gli autori di queste informazioni preferiscono di più rivendicare la presunta origine greco-latina, indoeuropea della voce armonia che prendere in dovuta considerazione la più antica e ben documentata realtà lessicale dell’umanità a nostra disposizione, che è quella della arcaica lingua kingir/šumera?
Come esposto nel mio studio sul Cerchio, (https://www.acam.it/significati-del-cerchio-semantica/) la fonte d’origine della voce armonia / harmonia sono le parole-seme arcaiche AR e GAR del lessico kingir (nativo) / šumero (akkadico), espressioni appropriate dei concetti archetipici interconnessi di “flusso, corrente” & “giro/scorrere ciclico”. Per controbilanciare l’illusoria origine greco-latina, indoeuropea che i dizionari etimologici tradizionali rivendicano, sarà utile rinfrescarsi un po’ la memoria rievocando il rispettivo complesso di significati:
AR (Labat, Deimel s. no. 451) “apparire, splendere, brillare” (cioè “corrente/flusso” di raggi solari); ÁR (L., D. no. 306) “devastazione” (cioè “flutti” diluviali),“gioia; gloria, lode” (cioè “flusso” emozionale); GAR (L., s. no. 597) “raccogliere, somma, totalità” (“flusso” harmonico), “curvarsi”, “circondare, incorniciare”, “regalare”, (D., 597 – 5., 36., 38., 45.) “nutrimento, pane”, “ammucchiare”, “alluvionare”, “regalare”, GÚR “curvarsi” (L., D. s. no. 362), GUR (L, D. s. no. 111) “girarsi, trasformarsi/voltarsi”, GAR (D. SA. – Šumerisch-Akkadisches Glossar – s. no. 42) “circondare, accerchiare”, KÍR (L., D. s. no. 424) “cuore” (cfr. lat. cor, fr. cœur, ingl. heart, ted. Herz), GIR, val. fon. qir, kir (L., D. s. no. 346) “bambino/a” (cfr. aeg. chered, mag. gyerek, ted. Gör/e; “flusso/corrente di discendenti/successori”), KAR (D. SA. s. no. 142) “accerchiamento”, ᶻᵃ ḪAR (L. s. no. 401) “anello”, “maglia”, ḪAR-ḪAR “catena”.
In coincidenza con questi valori semantici affini del lessico kingir/šumero, nel lessico magyar/ (h)ungherese la nuda parola-seme ár, che è plurisemica, esprime i significati “diluvio, flutti/marea, corrente, flusso, torrente, fiumana”, “prezzo” (flusso di valore), “lesina” (lesione), “unità di misura della superficie”; cioè con ár si misura l’“estensione” delle superfici terriere. Peraltro quest’ultimo valore semantico di ár ricorre anche in tutta una serie di lingue europee. Da ár derivano, poi, coerentemente sviluppati le voci: árt “nuoce(re)”, árad “scorre, fluisce, emana(re), alluviona(re), strabocca(re), espande(re)”, áradó “scorrente, fluente, emanante, alluvionante, straboccante”, áradás “alluvione, inondazione, scorrimento, emanazione, straboccamento, espansione”, áradat “corrente, flusso, ondata, cavallone”, arat “miete(re), aratás “mietitura”; connessi al valore semantico “prezzo” sono, invece, i sviluppi arany “oro” (cfr. fr. or, rum. aur, lat. aurum, alb. ar, i) e arány “relazione, rapporto” ecc.(Az arany ár-arányító “L’oro è relazionatore di prezzo”).
Ma, oltre a questa evidente coincidenza lessicale kingir – (h)ungherese, ciò che risulta di importanza straordinaria è la circostanza che ár in magyar costituisce l’elemento centrale ovvero il cor della essenziale costellazione di parole-seme ír – űr – ér – ár – őr – orr – úr di affini significati. Accogliamoli: ír “scrive; balsamo” (cioè crea un “flusso” di segni scritturali), di cui írás “scrittura” (cfr. pap-írás “scrittura sacerdotale”: Papyros / rotolo di papiro) – űr “vuoto”, “spazio”, “universo” (in cui ogni “scrittura” è collocata) – ér, plurisemica come la gemella ár, esprime i significati affini e complementari ad essa di “vena, arteria” (che contengono e conducono “flusso” e “corrente”), “rigagnolo”, “tocca, raggiunge”, “matura”, “vale”; coerentemente sviluppate da ér sono le voci erez “vena(re), érez “sente, percepisce”, érzés “percezione”, erezet “venatura, nervatura, plesso coroideo”, ered “origina(re)”, eredet “origine” (cfr. la città di Eridu in KI.EN.GI/ Šumer), erdő “foresta”, erő “forza” (che si manifesta in gar “flusso di voce”), rispettivamente le sue forme aggettivale erős “forte, potente” (cfr. šum. Ereš.ki.gal “Sovrana della grande Terra”; gr. Eros, Aris “Marte”) e verbale erősít “rafforza(re)”, che a sua volta può esser sostantivata in erősítés “rafforzamento, potenziamento” – őr “guardiano, sorvegliante, vigillante, custode” (coincide con šum. URU, L., D. s. no. 331, “sorvegliare, proteggere” e con aeg. iri “guardiano, custode, fiduciario”, ebr. îrîn “quelli che sono svegli / che svegliano”), örs “guardia”, őrség “sentinella”, sviluppo di forma verbale őriz “custodisce” (cfr. etr. Urzi/Orthia), con la sua forma sostantivata őrizet “custodia, preservazione, tutela” – orr “naso” l’organo annusatore e lettore del “flusso”, ovvero della “scrittura” di odori e profumi del mondo animale – úr “signore, sovrano” (ted. hoch-näsig “ad alto naso” sinonimo di hoch-mütig “superbo, arrogante, altezzoso”), con gli sviluppi ural “signoreggia, padroneggia”, uralás, uralkodás “signoreggiamento”, uralom “dominio, sovranità”, uralkodó “regnante, sovrano” ecc. Tutto sommato, nel momento in cui le parole-seme arcaiche AR e GAR vengono nominate come fonte d’origine di tutta la lunga serie di sviluppi che ne derivano, anche di (h)armonia, conviene tenere conto del fatto che esse sono interconnesse e sostenute da questo ampio campo semantico di straordinaria potenzialità, peculiare al vasto concetto archetipale di “corrente, flusso” che può essere di varie qualità: energetica, sonora, ottica, odorosa, nutrizionale, liquida, solida, generazionale, emozionale, sanguigna, (h)ormonale, linfatica, benefica o distruttiva.
Nella cultura ellenica il concetto archetipale di “flusso, corrente” appare nella formulazione πάντα ῥεῖ / panta rhei “tutto scorre”, celebre aforisma relativo al tema del divenire attribuito a Eraclito.
Significati
Utilizzata in senso generico la voce armonia è sinonimo di “concerto, accordo, consonanza, proporzione, pace”, ovvero “ordine naturale”, non tanto di quello artificioso, creato dall’uomo. Di conseguenza le sue forme aggettivali armonioso, armonico e verbale armonizzare, esprimono l’idea affine di “bello, proporzionato, equilibrato, bilanciato”, cioè “corrispondente alle leggi di armonia” e “accordarsi, andare d’accordo”. Mentre espressioni come “disarmonia, disaccordo, discordia, sproporzione, disarmonico, sproporzionato” ecc. manifestano concetti contrari.
Il concetto di Armonia o Musica delle Sfere è molto antico. Ecco qui alcuni frammenti di ciò che su Wikipedia si può leggere di valido a riguardo:
«La “musica/armonia delle sfere” incorpora il principio metafisico secondo il quale le relazioni matematiche esprimono non solo rapporti quantitativi, ma anche qualità che si manifestano in numeri, forme, suoni, tutto connesso in un enorme modello di proporzioni. L’armonia delle sfere è un antico concetto filosofico che considerava l’universo come un enorme sistema di proporzioni numeriche. I movimenti dei corpi celesti, (Sole, Terra, Luna e pianeti), inoltre, avrebbero prodotto una sorta di musica, non udibile dall’orecchio umano, ma consistente in concetti armonico-matematici.
Pitagora, per primo [seguendo l’esperienza di tutti quei maestri che in Kiengi / Šumer e in Kemet / antico Egitto accordavano e suonavano le loro delicate (h)arpe – cfr. mag. hárfa/húr-fa “legno a corde”], capì che l’altezza di una nota è proporzionale alla lunghezza della corda che la produce, e che gli intervalli fra le frequenze sonore sono semplici rapporti numerici. Secondo Pitagora il Sole con il suo “coro” di pianeti e lune, per effetto dei loro movimenti di rotazione e rivoluzione produrebbero un suono continuo, formando tutti insieme un’armonia. Di conseguenza, la qualità della vita sulla Terra sarebbe influenzata da questi suoni celesti. In seguito, Platone descrisse l’astronomia e la musica come studi gemellati per le percezioni sensoriali: astronomia per gli occhi, musica per le orecchie, ma entrambe riguardanti proporzioni numeriche.
La antica concezione cosmologica della musica delle sfere passò nel Cristianesimo, dal quale venne ulteriormente meditata e approfondita, costituendo la base di numerose raffigurazioni di Angeli musicanti, suddivisi in Cori angelici gerarchicamente ordinati, identificati con le orbite celesti di astri e pianeti: nella musica delle sfere si udiva cantare cioè il coro degli angeli, che accompagnava gli eventi principali che avvenivano in Cielo, quali la Trinità, l’Ascensione, l’Incoronazione di Maria.
Più tardi nel Medioevo Johannes Kepler nel suo trattato Harmonices Mundi descrive le consonanze fra percezioni ottiche, forme geometriche, musica e armonie planetarie. La musica delle sfere, secondo Kepler, rappresenta il punto d’incontro fra geometria – cosmologia – astrologia e musica.»
In tempi moderni: «dal 1920 Dr. Hans Kayser lavorò ad una riformulazione dei Pensatori Pitagorici, e tentò di verificare le conoscenze scientifiche di Kepler e di Albert von Thimus, riguardo ad un Ordine Armonicale del Mondo sulle basi di una speculazione metafisica nuovamente da rianimare. Il punto nodale della costruzione del Mondo sta nelle Leggi di misurazione acustiche, che si lasciano chiarire basandosi sul Monocordo. Il principale obiettivo della Harmonik- Armonistica è, indicare, ricavare piccole proporzioni di numeri interi, Tonzahl (numeri sonori?), come Norme Cosmiche, sonanti, e le conoscenze scientifiche come approcci, spunti per varii campi, come Musicologia, Simbologia dei Numeri, Astrologia, astronomia, Neoplatonismo, Cristallografia, Scienza della Costruzione, Botanica e Zoologia e Fisca Quantistica, per raggiungere una nuova Conoscenza. In merito a questo, H. Kayser scrisse nel 1938:
“In primo luogo l’Armonistica è uno studio della globalità (intesa come Integrità, pienezza, N.d.T.). Ossia, si tenta di cogliere Mondo e Umanità sotto un unificante, globalizzante sguardo (volto) ed ascolto. Lo strumento (mezzo) di conoscenza per questo è nell’Armonistica il Numero Sonoro.”
Così H. Kayser vede un’esemplificazione nella Teoria dei Quanti di Max Plank, con il suo “incremento, accrescimento” discontinuo, “livelli discreti di energia”, e la Sequenza Armonicale della Teoria Musicale analoga ai Principi delle leggi naturali realizzate, attuate.»
(Fonte: Wikipedia “Musica delle sfere” & “ Armonistica – Harmonik”)
Il libro di Dr. Hans Kayser che costituisce una “Generale introduzione nella Armonistica” / “Eine allgemeine Einführung in die Harmonik” è intitolato Akróasís “Die Lehre von der Harmonik der Welt” / “L’Insegnamento dell’Armonia del Mondo”. Riguardo al titolo Kayser spiega: «dal greco άκϱόασις / akróasís “l’ascolto” [ted. Anhörung] in contrasto rispettivamente completamento a άίσϑεσις / aisthesis “la visione” [ted. Anschauung]» del mondo.
Parte integrante di questa vastissima sfera tematica, qui soltanto schizzata, sono le ricerche del musicista e fisico tedesco Ernst Chladni, realizzatore delle cosiddette Schwingungsbilder “figure” di Chladni, contemporaneo di W. A. Mozart, riprese e continuate poi nel 20. secolo da quelle dello studioso svizzero Hans Jenny, fedele alle scienze antroposofiche di Rudolf Steiner e autore dell’opera Kymatik / Cimatica traducibile come “Studio riguardante le onde” (da gr. kyma “onda, flutto”) e, nei nostri giorni, le ricerche di Alexander Lauterwasser (v. “Wasser Klang Bilder / Die schöpferische Musik des Weltalls”), successore e continuatore della loro opera (a proposito di Cimatica v. il sito: www.openyoureye.net). Ricordiamo qui anche le fotografie dei cristalli d’acqua ghiacciata influenzate con delle parole scelte realizzate dal ricercatore Masaru Emoto; bellissima, (h)armonica, quella corrispondente alla parola “Danke” (“arigato/grazie”).
Certo che l’affascinante bellezza delle infinite immagini armoniche/cimatiche ci impressiona tutti assai. Nello stesso tempo, però, siamo consapevoli del fatto che esse non sono altro che reazioni della materia, solida o fluida, al “flusso” proveniente da una fonte sonora. Non appena questo flusso di sonorità cessa le incantevoli immagini scompaiono, svaniscono.
Al tema dell’“armonia delle sfere”, al divenire del mondo tramite il suono e il verbo come fenomeno di condensazione del suono nella materia si è dedicato altresì il musicologo Marius Schneider nelle sue preziose opere fra le quali «Pietre che cantano» e «Il mito del mondo primordiale e l’armonia delle sfere». Suo le parole: «Tutto il mondo materiale è una musica gradualmente solidificata, una somma di vibrazioni, le frequenze della quale aumentano nella misura in cui esse si materializzano.»
Parlando di Armonia in senso specifico, invece, si intende l’emissione simultanea di più suoni consonanti; prevalentemente di “tre” suoni, di una “triade” (ted. Dreiklang trad. lett. “trisuono”), ovvero due intervalli armonici di terza, ad esempio do-mi e mi-sol = do-mi-sol o fa-la e la-do ecc.. Nella teoria della musica occidentale, l’Armonia studia la formazione degli accordi, i principi che li governano e il loro modo di concatenamento (cfr. šum. ḪAR-ḪAR “catena”). Si parla allora della dimensione verticale, accordica della musica, complementare alla dimensione orizontale, melodica della musica modale, fonte su cui la musica tonale europea si è sviluppata.
Pronunzia
La pronunzia della parola-seme gar da cui deriva la voce harmonia nelle diverse lingue varia. Nella maggior parte delle lingue, antiche e odierne, essa viene sonorizzata nella variante aspirata har; così ad esempio in lat. harmonĭa, mag. harmónia, port. harmonia, ted. Harmonie, ingl. harmony, lett. harmonija, alb. harmoni, tur. harmoni. In fr. harmonie l’aspirata iniziale h, nonostante la sua presenza grafica, nella pronunzia viene trascurata; mentre in gr. armonía, it. armonia, spa. armonía e rum. armonie essa svanisce. Sorprendentemente in russo garmónija la parola-seme gar non ha subito la consueta spirantizzazione (g > h), conservando così la sua forma arcaica.
Una voce assonante e semanticamente affine a harmonia è lat. carmen che inizia con la gutturale-velare sorda e significa “canzone, canto poetico profano”. Eccone alcuni esempi: Carmen Saliare, Carmen Arvale, Carmina convivialia, Carmina triumphalia; e in tempi più recenti: Carmina Burana Vagantenlieder “Canti di Vaganti” di Carl Orff. Quest’ultima è una cantata scenica di cui il titolo completo è “Carmina burana: Cantiones profanae cantoribus et choris cantandae, comitantibus instrumentis atque imaginibus magicis”. Ovviamente Carmen e le sue varianti Karmen, Harmen ricorrono anche come suggestivi nomi femminili di pregnante sonorità.
Ricordi
La eufonica voce armonia risveglia in me dei bei ricordi di gioventù. Erò su per giù tredicenne quando il mio maestro di organo iniziò a trasmettermi la Harmonie-Lehre che in tedesco significa l’“Insegnamento di Armonia” (trad. lett. “armonia-insegnamento)” e di cui l’equivalente ungherese è Össz-hangzat-tan “Insegnamento di Sonorità Complessiva” (trad. lett. “Complessiva-Sonorità-Insegnamento”). Per circa tre anni imparai ad armonizzare un dato cantus firmus. Si trattava di una melodia con delle indicazioni funzionali, ad esempio tonica, parallela di tonica, dominante, parallela di dominante, subdominante, parallela di subdominante ecc., da seguire nel processo di elaborazione, il cui risultato finale era poi una “testura a quattro voci” a cappella (ted. vier-stimmiger Satz). Le voci costituenti di tale tessuto polifonico sono contraddistinte da un ductus orizzontale melodico con simultanee relazioni verticali armoniche. In pratica elaboravo alla data melodia, spesso di corale – che poteva essere sia in soprano che in alto, tenore o basso – le altre tre voci mancanti partendo dai rapporti di parentela tonale determinati dalla tonica, rispettando e applicando una serie di date regole. I miei compiti di armonia ero tenuto a compierli sempre alla scrivania, senza l’utilizzo del pianoforte, adoperando solo il cosiddetto “udito interno”. L’utilizzo del pianoforte mi era concesso solo per il controllo dei compiti già completati e, a occorrenza, per la loro finale correzzione. Dopo aver acquisito l’indispensabile base di applicate conoscenze di Armonia, seguirono, per altri tre anni, insegnamenti di Contrappunto, completati, poi, da insegnamenti di Composizione. Quindi per me, come per molti altri che si dedicano allo studio e alla pratica della musica, l’Armonia era molto di più di una bella parola riflettente un concetto aprossimativo, sentimentale, poiché la sperimentavo continuamente nella concreta pratica musicale. Pensavo, ascoltavo, accordavo, intonavo e creavo un ordine di relazioni tonali la cui fonte d’origine primaria è costituita dalla sequenza degli armonici naturali del suono primordiale.
Trinità
Il messaggio essenziale che il vistoso segno cuneiforme GAR comunica è ovvio: “tre”, “trino”, “triplo”, “essere in tre”, “triade”, “trinità”. Lo stesso messaggio viene trasmesso, peraltro, anche dal segno arcaico della parola-seme affine GAL (Labat s. no. 343), akk. rabû, significante “grande; essere grande”, che è un “tridente” di forma rettangolare. I “tre triangolini” sono connessi a un sottostante elemento raccogliente a forma di “imbuto/cuore/delta pubico” che rivela “raccogliere”, “somma”, “totalità”. Quindi: raccogliere la “trinità” (mag. háromság) che proviene dall’alto, ascoltare la “triade sonora” (mag. hármas hangzat), il “bene (essere) in tre” (mag. hárman “in tre”, hárman jó “in tre è bene” / “è bene in tre”). Come illustrato nel “Manuel d’Épigraphie Akkadienne” di R. Labat, l’immagine originale da cui questo pregnante segno cuneiforme venne sviluppato è una semplice ciotola, circondata nella sua parte medio-alta da una linea circolare, da una specie di cordone. Parallelamente essa è rappresentata anche in una variante triangolare a forma di imbuto.
Nella storia della cultura umana la “trinità” è un tema centrale di ampie valenze. Principale simbolo del “tre” è il triangolo. Quello dalla punta rivolta verso l’alto r simbolizza il fuoco connesso al principio maschile; quello dalla punta rivolta verso il basso s, invece, simbolizza l’acqua connesso al principio femminile. L’intersezione di questi due triangoli forma un esagono regolare, conosciuto come esagramma ✡, simbolo universale di equilibrio. Lo si trova rappresentato appropriatamente al centro del sistema dei sette chakra, denominato Anahata (sanscr. “non colpito”), simboleggiato da un fiore di loto con dodici petali. Il “giglio” è simbolo di purezza ed emblema di regalità che evoca la “trinità”. Il “tridente” è l’arma simbolo di Poseidone, il dio del mare e dei terremoti e maremoti nella mitologia greca. I “tre” animali sacri a lui sono il cavallo, il toro e il delfino. Nell’India antica e moderna è Shiva la celebre divinità che tra le sopracciglia possiede il “terzo” occhio, quello della saggezza e dell’onniscienza in grado di vedere tutto e che con la mano destra regge un’arma simile al “tridente” che è il triṣūla. Le sue “tre” punte rappresentano i “tre” guna, ovvero le tre qualità o tendenze fondamentali che agiscono di continuo nell’universo: sattva la qualità aggregante, rajas la qualità equilibrante e tamas che è quella disintegrante. E conseguentemente le tre funzioni di Dio: la creatrice, la preservatrice e la distruttrice.
Il “tre” è il primo numero “forte” della simbologia taoistica, poiché dispone di un centro di equilibrio; è ugualmente simbolo di moltitudine. Riflette altresì le “trinità” della dimensione umana: madre – padre – figlia/o; nascita – vita – morte; spirito/mente – anima/voce – corpo. Riflette la ciclica “trinità” spazio-temporale: passato – presente – futuro connessa alla ritmica apparizione del Sole a levante – mezzogiorno – tramonto. Com’è noto, questo fenomeno è causato dal girotondo del pianeta Terra intorno all’astro Sole, uno svolgimento che da noi esseri umani viene percepito come tempo. D’altronde il segno cuneiforme GAR anticipa, ovviamente, anche la “Santissima Trinità”, dottrina centrale delle più diffuse chiese cristiane. E, non per ultimo, anche la “trinità” dei mondi terrestri: minerale – vegetale – animale e altre ancora. Il segno cuneiforme GAR con i significati “raccogliere, somma, totalità” può esser letto in fin dei conti come una immagine suggestiva del “flusso di voce” gar, del “flusso di corrente” harmonico universale. Esprime in maniera semplice ed essenziale l’idea della “trinità” En~er~gia (mag. én – ér – ki “Io/Coscienza Universale – giunge – fuori”) che riempie il mondo manifesto. Nonostante la sua apparente fissità, il segno riesce tuttavia a trasmetterci la sua immanente realtà dinamica. È come se avessimo davanti ai nostri occhi una sola immagine di una intera sequenza. Si può immaginare, infatti, l’elemento a forma di imbuto del pittogramma come unità ricettiva universale e i “tre” triangolini alti, che toccano la parte superiore dell’imbuto, come la corrente armonica universale. Essa penetra tutte le “orecchie”, tutti gli elementi ricettivi, animati e non, entrando dentro di essi, attraversandoli e fuoriuscendo da essi, riempendoli di En~er~géia / En~er~gia / En~er~gy / En~er~gie. Quindi il “flusso di corrente” armonico corre con continua, “ciclica” (kör, gyr, gyro, gyros, kyklos) ricorrenza.
Interessante notare in questa formulazione pittografica del segno cuneiforme GAR uno slittamento di prospettiva dal significato originale di “curvatura“ e “cerchio, circolo, giro” (mag. kör) a quello di “tre” e “trinità”. L’elemento che rende possibile e dà sostegno a tale slittamento di significato è l’importante “numero del cerchio” (ted. Kreiszahl), conosciuto già ai popoli antichi, il cui valore approssimativo è: “tre”. Il numerale “tre” in varie lingue prevalentemente di tipologia agglutinante viene espresso tuttora con derivati della parola-seme arcaica GAR; così ad esempio in: aeg. horm (horim, hormu), mag. hár/három, chan. helum, kom. kujm, vog. kōrem, zaz. hîrê, mong. gurov, bask. hiru, est. kolm, finn. kolme ecc.
Tetraktys
Coloro che hanno una certa familiarità con le nozioni numerico-armoniche propagate da Pitagora non avranno difficoltà di riconoscere nel segno cuneiforme GAR il prototipo dellaTetraktys; più precisamente l’immagine speculare di quella figura geometrica che rappresenta la successione aritmetica dei primi quattro numeri naturali, in modo da formare una piramide che sintetizza il rapporto fondamentale fra le quattro cifre e la decade : 1 + 2 + 3 + 4 = 10. A ogni livello della Tetraktys corrisponde uno dei quattro elementi, i principi cosmogonici della creazione del mondo. Primo livello: il punto superiore – l’Unità fondamentale, la compiutezza, la totalità, il Fuoco. Secondo livello: i due punti – la Dualità, gli opposti complementari, il femminile e il maschile, l’Aria. Terzo livello: i tre punti – la misura dello spazio e del tempo, la dinamica della vita, la creazione, l’Acqua. Quarto livello: i quattro punti – la materialità, gli elementi strutturali, la Terra.
Sorprendentemente, ma, in fondo neanché troppo, il segno cuneiforme GAR anticipa nel tempo il simbolo Tetraktys o “numero triangolare” tanto caro a Pitagora. Di fatti, fu questo il nome che egli scelse per la sua scuola iniziatica a Région/Reggio, con succursale a Crotone. La Tetraktys, per i pitagorici, consisteva in una disposizione geometrica triangolare di dieci nuclei/sfere unite tra di loro da linee di collegamento e formanti nove triangoli più piccoli o subtriangoli. Osservando con attenzione si rinviene che il simbolo Tetraktys costituisce praticamente la forma verticalmente riflessa del segno GAR e manifesta in questo modo la celebre massima kingir/šumera KI.TA DIM AN.TA trad. lett. “Terra-in come Cielo-in”, in forma riordinata “In Terra come in Cielo”. O, espresso diversamente, il segno cuneiforme GAR e il simbolo Tetraktys sono in rapporto di riflessione verticale; messe insieme formano l’immagine schematica di una clessidra ⧖. Il numero perfetto della Tetraktys è il “dieci”: 1 + 2 + 3 + 4 = 10, la complettezza, la sfera del celum–cielo-ciel-cer. Per quanto riguarda la “sfera”, nella scuola iniziatica di Pitagora essa veniva venerata profondamente. Questo solido era la rappresentazione materiale di Armonia. Ciò era dovuto all’osservazione della caratteristica della sfera: tutti i suoi punti sono equidistanti dal centro, che rappresenta il fulcro, e con la stessa “forza” tengono insieme la sfera.
Uno sviluppo importante della parola-seme gar “flusso/corrente di voce” (e quindi “espandere, diffondere”) in magyar/(h)ungherese è la voce sugár “raggio” (di luce). Sugár coincide del tutto con il termine ebraico Zohar significante “Splendore”. Nel suo libro “Il Dodicesimo Pianeta” Zecharia Sitchin traduce il coincidente termine kingir/šumero SHU.GAR.RA, evidente fonte d’origine di mag. sugár e ebr. zohar, con “ciò con cui si può andare lontano nello spazio” (ted. das, womit man weit ins All gehen kann; Der zwölfte Planet, p. 141). Esiste però una lettura lievemente variata, che a mio parere risulta più appropriata; eccola: “ciò che giunge lontano nello spazio” ovvero il “raggio”. Sono i “raggi” di luce stellare o i “raggi” gamma di radiazione elettro-magnetica.
“Tre” e “Cerchio”
Come accennato sopra, i concetti di “tre” e di “cerchio” sono strettamente connessi. I “tre” (mag. három di cui hár è f. breve) triangolini del segno GAR evocano il “cerchio” (mag. kör) in quanto “numero del cerchio”. Verosimilmente esso fu scoperto, anzi, piuttosto sperimentato, dagli costruttori di ruote/“cerchi” in KI.EN.GI/Šumer durante il processo di costruzione. La corona metallica applicata all’esterno e destinata a proteggere la “ruota” (mag. kerék) misurava, grosso modo, sempre “tre” volte il suo diametro. Il “numero del cerchio” π = 3,1415926… è una costante matematica definita come rapporto della circonferenza di un cerchio con il suo diametro. Questa relazione è indipendente dalla grandezza del cerchio. La designazione con la lettera greca π (dopo la lettera iniziale delle parole greche perifereia “periferia” e perimetros “perimetro”) divenne popolare relativamente tardi, nell’ottocento tramite Leonhard Euler.
Le ruote ovvero i cerchi del carro girano staccandosi dal suolo. Questo continuo srotolamento della circonferenza della ruota sul terreno è di essenziale importanza e vantaggio, dato che da milleni permette all’umanità il viaggio e il trasporto di merci. Una realtà, questa, che in antichità richiamava alla mente la ovvia relazione di “tre” gar/hár, peculiare al rapporto circonferenza-diametro del “cerchio” kör. Sulla base di questo concreto rapporto fu, dunque, possibile riflettere il significato “cerchio” o “ruota” con il simbolo di “tre”. Interessante qui la coincidenza delle voci lat. rota, rum. roată, alb. rrotë, lett. rats, finn. ratas, ted. Rad ecc. con sanscr. ratha che però esprime non lo stesso significato “ruota”, ma quello affine di “carro” (“ruota di carro” mag. szekér kerék). Rivelata la connessione tra “cerchio” e “tre”, sarà facile comprendere adesso pure il fatto che, nonostante la loro diversa sonorità, le voci hár/horm/hiru/három e tri-/dri/tre/ter- siano in fondo espressioni sinonime per il numerale “tre”. Poiché, come già menzionato nel mio studio “epifania: sonoro messaggio”, le parole-seme arcaiche variabili GIR, PIR e TIR sono relative ai vari aspetti del cerchio Sole piroettante/vorticante, di ritorno la mattina di ogni suo giro giornaliero a levante.
Quindi matematicamente il “tre” è associato al “cerchio, circolo”. Acusticamente, invece, è correlato alla corrente di “voce” gar armonica, specialmente agli intervalli di quinta e terza che rappresentano rispettivamente il terzo e il quinto suono parziale della sequenza di suoni parziali ossia armonici naturali costituenti il suono primordiale. Approfondirò più avanti l’argomento degli “armonici naturali”.
Quando le sonore “voci” umane esultano di “gioia”, lo fanno con il “grido collettivo augurale e di incitamento” Hurra. Ciò succede in modo appropriato, poiché viene evocata proprio la corrente di “voce” gar emanata dalle corde vocali vibranti nella “gola” (mag. garat “faringe”, ted. Rachen, torok “gola”; garat | tarag > torok; gar-át “voce-attraverso” o gar-út “voce-via/via della voce”, lat. gŭla, gurgulio “vortice, gola”), quella parte essenziale del corpo umano che è associabile a un “imbuto” in cui gira vorticosamente il quinto chakra Vishuddha “puro”. Significativo è ugualmente l’espressione Hara che in giapponese significa “centro gravitazionale del corpo umano”; mentre nella cultura pārsi essa denomina il monte che sta al centro dell’universo zoroastriano. Non a caso Hara è uno degli epiteti di Shiva, che letteralmente significa “Colui che porta vita” – “Colui che distrugge”. E, in fin dei conti, la parola-seme arcaica gar/har, di utilizzo universale, costituisce giustamente la parte consistente del Maha Mantra: Hare Krishna ◦ Hare Krishna ◦ Krishna Krishna ◦ Hare Hare ◦ Hare Rama ◦ Hare Rama ◦ Rama Rama ◦ Hare Hare.
Hermes – Hármas
I nomi Hermes e Hármas sono pressoché identici; diverso è solo il valore vocalico: medioalto e nel primo, medio a nel secondo. In magyar/(h)ungherese hármas significa “trio, trino, triplo”. In modo coerente il numerale “tre” e l’“essere in tre” vengono espressi con le parole hár/három e hárman, da cui deriva il termine harmónia. Una sonorità armonica elementare è la “triade”sonora, l’accordo, p. e.: do – mi – sol, re – fa# – la o mi – sol# – si ecc.. Il “Caduceo” di Hermes, equivalente di gr. kerykèion, agr. karykàion, agg. di kēryx/kāryx “araldo” (cfr. ted. Heroldsstab “bastone dell’araldo”) rende visibile il concetto di hármas “trio, trino, triplo”, manifestazione fisica di “equilibrio”, “bilanciamento” e armonia ovvero “essere in tre” (hárman), convalidando tale complesso di significati. Hármas/Hermes, come i nomi antichi in genere, è un “nome parlante”, ted. sprechender Name, mag. beszélő név, ingl. aptronym. In sintonia alla locuzione latina nomen omen “un nome un destino” o “il destino nel nome”, il nome riflette fedelmente la natura essenziale del dio: Har/Gar “flusso di voce” e Hármas/Hermes “trino”. ‘
L’Hermes ellenico era venerato sotto forma di fallo eretto raffigurato con l’erma itifallica (“dal/col pene eretto”; i carmi o canti itifallici si intonavano durante le Falloforie, le celebrazioni delle Dionisie, durante le quali si conduceva in processione un grosso simulacro di fallo) analoga al lingam di Shiva e del megalitico menhir europeo (cfr. mag. menny-hír “cielo-messaggio”, mén-hír “stallone/va/transita-messaggio”). L’esser “trino” del fallo eretto è ben noto a tutti: pene e “scroto” (cfr. mag. here) con i due testicoli, fonte del ciclico “flusso seminale” mag-ár. Essendo spanditore dell’abbondante “flusso seminale” e propagatore della vita, Hermes rappresenta, quindi, il principio fecondatore genitore maschile contraddistinto dalla mobilità. Questa sua proprietà di mobilità spiega anche la sua funzione di protettore di viandanti e viaggiatori. La parte complementare del “trino” organo genitale maschile del genitore-padre è costituita dal “trino” organo genitale femminile della genitrice-madre: vagina-utero con le due ovaie. La loro congiunzione genera, poi, il “bambino” e la “bambina” (šum. GIR, L., D. s. no. 346; aeg. chered,mag. gyerek, ted. Gör/e), loro “simile” (mag. más, aeg. mes “nato/a”), che è il “terzo” membro del sacro cerchio della famiglia.
Hermes è altresì “messaggero” (mag. hírnök, svi. da hír “messaggio”) degli dèi, rivelatore della verità e mediatore di “messaggi” (mag. hírek) tra gli uomini e gli dèi. Quindi Hermes adempie l’importante funzione di realizzatore della relazione mediata, triangolare, “trina” hármas. Hermes è la divinità della comunicazione per eccellenza che opera con la “voce” gar, tramite le parole (Vishudda 5. chakra della gola) con cui egli crea il suo efficace tessuto di linguaggio.
Secondo Wikipedia il nome del personaggio leggendario Hermes Trismegistos venerato come maestro di sapienza e ritenuto l’autore del Corpus Hermeticum significa letteralmente “Ermes il tre volte grandissimo”. Hermes Trismegistos è una fusione sincretistica di Hermes, dio greco del logos e della comunicazione, con Thot (cfr. mag. tud “sa”, di cui gli sviluppi tudó “saggio”, tudat “coscienza”, tudós “saggio, scenziato, erudito”, tudás “sapienza”), divinità egizia lunare protettrice di Hermopolis Megale (aeg. Khnum, lat. Hermopolis Magna), dio della scrittura, Signore della sapienza, della parola, della medicina, della musica, della magia, della misura del tempo, dell’astronomia, della matematica e della geometria.
Nella Tabula Smaragdina (Hermit Könyvkiadó, pag. 14./154.; Varga Csaba «A magyar szókincs titka») si leggono le parole di Hermes:
«Mi chiamano Hermes Trismegistos perché detengo le tre parti del sapere del mondo.»
Prendendo in considerazione la chiave di lettura magyar/hungherese il nome Hermes Trismegistos “Hermes tre volte Grande”, nella forma Magasztos Hármas, esprime il significato “Sublime trino”.
Il termine Magasztos si sviluppa a partire dalla parola-seme arcaica mag, premessa indispensabile della sua realizzazione, ricorrente nel lessico kingir/šumero: MU, Deimel s. no. 61. 9) “figlio”, 21) “seme”, “seme umano”, 25) “discendenza”, MAḪ (L., D. s. no. 57) “elevato, eminente”, “sublime” (cfr. sanscr. maha “grande”, gr. megas, lat. Magus, Maximus, it. Mago, Massimo ecc.), “potente”, “molto” (cfr. ingl. much, spa. mucho). Mag costituisce l’elemento di base dell’endoetnonimo magyar; i suoi significati in ungherese sono pressoché identici ai valori in kingir/šumero: “seme, nocciolo, nucleo, grano, chicco; rampollo, successore, discendente”. Mag è sostenuta dalla rosa di nude parole-seme fono-semanticamente affini: meggy “amarena” (frutto a “nocciolo”), mák “papavero”, makk “ghianda”, méh “utero; ape”. Mentre nel lessico greco la nuda parola-seme mag manca. Mag-as [mɒgɒʃ] significante “alto, elevato, eminente” in magyar costituisce il coerente sviluppo di mag, poiché l’albero che si sviluppa dal minuscolo “seme” mag, crescendo nello spazio, diventa sempre più “alto”. Da mag-as, poi, vengono sviluppati in maniera consequenziale le voci magasság “altezza, elevatezza, eminenza”, magaszt “lauda, lode”, magasztal “lodare”, magasztaló “laudativo”, magasztalás “elogio/laudatio” e ovviamente anche magasztos [mɒgɒstoʃ] “sublime”, che in greco ricorre come megistos con significato quasi identico: “il più alto/elevato, sommo”, senza compiere, però, lo sviluppo naturale e coerente constatabile in magyar. Dato che il nome parlante Hermes/Hármas esprime già il significato “trino”, la forma grecisata Hermes Tris-Megistos costituisce praticamente un allargamento enfatico del nome Hermes Megistos “Trino Sublime”.
Intervalli
Prima di arrivare a parlare di “armonici naturali” e di “armonizzazione” occorre chiarire i termini musicali interconnessi di “intervallo”, “accordatura” e “intonazione”. L’“intervallo” in musica significa la distanza tra due suoni in termini di altezza. Gli intervalli musicali si riconoscono come melodici, cioè orizzontali, ascendenti o discendenti, quando vengono cantati o suonati consecutivamente. Quando, invece, vengono prodotti simultaneamente, essi si percepiscono come armonici, cioè verticali. L’interferenza generata dai due suoni di un intervallo armonico determina il suo carattere consonante o dissonante. Gli intervalli che vanno da quello di prima (do-do) a quello di ottava (do-do’), comprendenti seconda (do-re), terza (do-mi), quarta (do-fa), quinta (do-sol), sesta (do-la) e settima (do-si), vengono chiamati primari; mentre quelli superiori all’ottava, come nona (do-re’: ottava do-do’ + seconda do’-re’), decima (do-mi’: ottava do-do’ + terza do’-mi’), undecima (do-fa’: ottava do-do’ + quarta do’-fa’), duodecima (do-sol’: ottava do-do’ + quinta do’-sol’) ecc., vengono considerati e chiamati, coerentemente, composti dei precedenti. La composizione in toni e semitoni determina, poi, la specie o la qualità degli intervalli. Con il termine “giusto”/G vengono considerati: prima, quarta, quinta e ottava (ad es. do-do, do-fa, do-sol, do-do’). Mentre con il termine “maggiore” vengono considerati gli altri: seconda, terza, sesta e settima. Un intervallo “giusto”/G (ad es. do-sol 5ᵃG), che si dimostra più grande del solito, viene denominato “aumentato”/A (ad. es. do-sol#, essendo più grande di un semitono, è una 5ᵃA); quello che si dimostra più piccolo del solito, viene chiamato, invece, “diminuito”/D (ad es. do-solb, che si dimostra un semitono più piccolo, è una 5ᵃD). Un intervallo “maggiore” (ad. es. do-mi, costituito da 2 toni: do-re e re-mi), che si dimostra più piccolo del solito (ad. es. do-mib), costituito da 1 tono e un semitono, viene denominato “minore”.
Accordatura
L’accordatura è il processo di regolazione di uno strumento musicale affinché sia giustamente intonato rispetto al sistema di intonazione vigente o proprio allo strumento stesso. Il sistema di intonazione occidentale è, per esempio, diverso di quello indiano. Come si evince, l’espressione “accordatura” è derivata dal sostantivo “corda” ed è originalmente in ovvio riferimento agli strumenti a corda; tuttavia viene genericamente estesa al concetto di intonazione di altri strumenti. Nel processo di accordatura è conosciuto il cosiddetto fenomeno di battimento. Si verifica quando due suoni di vicinissima frequenza ma anche in rapporto di ottava, cioè di raddoppiamento o dimezzamento di frequenza, vengono sintonizzate e consta in rapide ondulazioni acustiche che cessano non appena la sintonizzazione delle due frequenze trovantesi in discordanza di fase è compiuta e, quindi, le frequenze risulteranno in concordanza di fase, ovvero in unisono o in ottava. I battimenti sono ben percepibili e più facilmente accordabili negli strumenti ad aria, come ad esempio l’organo, in quanto i due suoni, quello da accordare e quello di riferimento per la accordatura, perdurano finché il risepettivo tasto viene premuto e in questo modo il suono da accordare è comodamente aggiustabile. L’udito riconosce facilmente il momento in cui la sintonizzazione dei due suoni è raggiunta, poiché il battimento cessa. Ebbi modo di sperimentare questo fenomeno negli anni vissuti a Köln e a Göttingen in cui davo concerti di organo. Allora prima di un concerto, con l’aiuto di un assistente alle claviature, solevo accordare i registri costituiti da canne ad ancia chesi scordano assai più frequentemente rispetto ai registri costituiti da canne ad anima o labiali a causa delle vibrazioni stesse a cui è sottoposta la lamina/linguetta che, vibrando al passaggio dell’aria, produce il suono.
Tuttavia, la mia prima esperienza di accordatura fu quella del violino. Alla giovanissima età di 5-6 anni imparai ad accordare le quattro corde vuote del mio violino a intervalli di giusta quinta ruotando i piroli nel cavigliere e in questo modo aumentando o diminuendo la tensione della corda. Iniziavo sempre, come lo fanno tutti i violinisti, con la corda del la’ che accordavo a 440 Hz utilizzando nei primi tempi un corista o un diapason; ben presto questo era diventato inutile, poiché riuscivo a sentire il la’ dentro di me. Seguiva la corda del mi” che accordavo in rapporto a quella del la’ ad intervallo di giusta quinta ascendente; mentre la corda del re’ la accordavo, sempre in rapporto alla corda del la’, ad intervallo di giusta quinta discendente. Poi complettavo l’accordatura accordando la corda del sol, in rapporto alla corda del re’, ancora ad intervallo di giusta quinta discendente. Le tre giuste quinte del violino suonate insieme in un bicordo (la’-mi”, re’-la’ e sol-re’) manifesta(va)no una consonanza perfetta fondendosi insieme in una benefica armonia. Eppure, in quegli anni della mia infanzia non ero ancora consapevole del fatto che attraverso tale accordatura stavo compiendo un atto di importanza rilevante, poiché creando la relazione del rapporto 3:2, attuavo e manifestavo la “forza della quinta”.
Intonazione
Quando la vibrante “voce” umana canta in armonia (russ. garmónija) una melodia qualsiasi, cioè una sequenza di suoni, si sentono in realtà i vari toni appartenenti a una scala musicale, il cui prototipo è costituito dalla sequenza degli armonici naturali nella quarta ottava. Eccetto la occasionale situazione della progressione scivolante conosciuta in terminologia musicale come “glissando” (ad es. la sega cantante/musicale oppure l’Ondes Martenot utilizzata nella sinfonia Turangalîla di O. Messiaen), la progressione avviene in intervalli. La base della scala, chiamata tonica, è il suono di riferimento. Una premessa indispensabile per la sonorizzazione di una melodia è la buona intonazione. La giusta intonazione di un certo suono rispettivamente di una certa sequenza di suoni da parte di un/a cantante presuppone in fondo la loro previa audizione dentro al proprio “udito interno”. È là che vengono sentiti i suoni pensati che, anche se non ancora emanati e risuonanti attraverso l’aria, hanno una loro potenziale realtà. Sarà probabilmente un concetto un po’ difficile da intendere per i non praticanti di musica. Tuttavia, fatto sta che un musicista che durante lo studio musicale ha beneficiato della materia di “Educazione dell’Udito” (ted. Gehörbildung), quando sta scrivendo o leggendo uno spartito, sente in sincronia ogni nota della voce notata o letta; la sente per consuetudine. Ciò può avvenire perché ella o egli ha allenato a lungo la propria facoltà di ascoltare attraverso l’udito interno. In fondo non è diverso di quando si scrive un testo sentendo la voce interiore declamare le parole di cui esso è composto. Ma ciò che risulta essere un fatto di importanza straordinaria è che oltre a sentirle, egli o ella sono anche in grado di riprodurle in maniera intonata con la loro “voce” o anche utilizzando uno strumento musicale.
In corrispondenza all’“audizione interna” esiste la “visione interna” vissuta e percepita da visionari e da ricercatori di visione, che possono essere pure cechi. Questa circostanza trova una sua adeguata espressione nella memorabile frase del poeta portoghese F. Pessoa: «Ascolto ad occhi chiusi – e io vedo» (ted. «Ich höre mit geschlossenen Augen – und ich sehe»). Essa viene evocata, tra l’altro, nel film “Lisbon Story” di Wim Wenders, ricco dell’affascinante musica del gruppo “Madredeus” con la cristallina voce di Teresa Salgueiro.
Armonici Naturali
Gli armonici naturali sono la successione di suoni chiamati anche “aliquoti/suoni parziali” oppure “ipertoni” (ted. Obertöne, ingl. overtons, mag. felhangok), le cui frequenze sono multipli di una nota di base, chiamata fondamentale; ad esempio: Do 64 Hz – do 128 Hz – sol 192 Hz – do’ 256 Hz – mi’ 320 Hz ecc. Un suono emesso da un corpo vibrante è un fenomeno simultaneo composito, simile alla luce bianca costituita dai valori cromatici dell’“arcobaleno” (šum. ᵈ TIR-AN-NA, L. s. no. 375, “arc en ciel”), in cui al suono fondamentale segue una sequenza di altri suoni più acuti e meno intensi. Questi sono gli armonici naturali; essi hanno una importanza fondamentale sia nella determinazione del timbro di uno strumento sia nella determinazione degli intervalli musicali.
L’impressione acustica sonora che si sperimenta ascoltando il flusso di corrente armonico del suono primordiale arpeggiato su un policordo le cui corde sono sintonizzate sulla nota Do è di un accordo maggiore pregnante. A costituirlo sono i primi sei suoni parziali: Do – do – sol – do’ – mi’ – sol’. Questa base viene completata dalla serie degli armonici risuonanti al di sopra: siᵇ‘ – do” – re” – mi” – fa#” – sol” – laᵇ” – siᵇ” – si” – do”’. Tutti questi armonici naturali risuonano vibrando in una simultanea fusione: è la realtà eterica del sacro suono primordiale. Emerge con chiarezza che lo spettro degli armonici naturali contiene sia rapporti di intervalli consonanti che dissonanti. La base, però, è caratterizzata esclusivamente da rapporti consonanti. I rapporti dissonanti che “speziano” cioè vivacizzano questa base sono collocati nella sfera alta della quarta ottava. Armonia equivale, quindi, all’Ordine in cui consonanze e dissonanze sono bilanciate in questo modo specifico.
L’oscillazione della corda pizzicata è un fenomeno complesso; nel senso che la corda oscilla non solo nel suo arco intero, ma, contemporaneamente, anche nella sua metà doppia, nel suo terzo triplo, nel suo quarto quadruplo, nel suo quinto quintuplo, nel suo sesto sestuplo e così via. Tutte queste simultanee oscillazioni sonore manifestano, quindi, l’ordine della sequenza degli armonici naturali. L’insieme di ratio/raggione e anima/sentimento. Numero/quanto/quantità e suono/tono/qualità sono in fusione, riflettendosi a vicenda. Ciò che è relazione numerica razionale, 2:1 ottava, 3:2 quinta, 4:3 quarta, 5:4 terza ecc. si manifesta come vibrazione e viene percepito come tono. Suono, qualità-quanto che tocca il cuore, l’anima e provoca emozione. È il principio di creazione nell’universo: Harmonia, l’“Armonia delle sfere” di cui parlò J. Kepler. Solamente in questi punti precisi sulla corda tesa del monocordo si possono trovare i cosiddetti suoni “flageoletto” ben conosciuti ai violinisti, chitarristi e bassisti; sono gli armonici naturali, questi, che si ottengono pizzicando la corda con la mano destra e sfiorandola, senza frenarla, con la mano sinistra. Certo che applicando sul monocordo-policordo il listello con la scala degli armonici naturali essi si possono rilevare attraverso la vista. Ma essi si trovano ancora meglio ad occhi chiusi, lasciandosi guidare dall’udito. In nessun altro luogo sulla corda potrà mai risuonare l’ottava, la quinta, la terza e tutti gli altri armonici che solo in quello giusto, appropriato. Quindi basta pizzicarla e sfiorarla cercando il desiderato punto di manifestazione di un certo armonico e ascoltare attentamente. A preferenza sulle corde del policordo questi punti di manifestazione degli armonici naturali si possono segnare anche con l’ausilio di ponticelli intermedii. Non appena applicati, le corde potranno essere arpeggiate e la sequenza degli armonici naturali costituenti la filigrana corrente armonica vibrerà, risuonerà e incanterà l’udito. Mentre alla vista la serie di ponticelli si presenterà come uno sviluppo a iperbole.
La forza della Ottava
Nella sequenza degli armonici naturali dopo il suono fondamentale o prima segue, quindi, l’ottava, relazione numerica 2:1 (2. suono parziale – 1. s. p.). Su uno degli enigmatici capitelli dell’abbazia di Cluny in Francia si legge la memorabile frase Octavus sanctus omnes docet esse beatus «L’ottava insegna tutti i santi ad essere beati». È il principio di radoppiamento/dimezzamento di frequenza che collega diversi piani vibrazionali di manifestazione. È anche la realtà della divisione cellulare nella fase iniziale (v. “morula”) della formazione dell’embrione umano. L’universale “chiave” dell’ottava rende possibile la trasposizione di frequenze molto basse o molto alte in ambito udibile. Si ha, ad esempio, la possibilità di trasporre le frequenze dei movimenti periodici planetari o le frequenze delle diverse qualità di luce, espresse in Hertz (Hz). Ad esempio le frequenze del giorno, dell’anno e dell’anno platonico del pianeta Terra che non riusciamo a udire perché troppo basse, raddoppiandole ovvero ottavandole un certo numero di volte, diventano suoni udibili eppure qualità cromatiche visibili. Valgono le corrispondenze: giorno – sol – luce rossa; anno solare – do# – luce verde; anno platonico – fa – luce viola.
La Forza della Quinta
Subito dopo l’ottava 2:1, nella sequenza degli armonici naturali segue la quinta, relazione numerica 3:2 (3. s. p. – 2. s. p.). Chi ha avuto l’occasione di ascoltare il poema sinfonico Also sprach Zarathustra “Così parlò Zarathustra”, op. 30, di R. Strauss, il cui inizio è stato utilizzato dal regista Stanley Kubrick per la celebre introduzione al suo film “2001: Odissea nello spazio”, ha potuto percepire la primordiale forza della quinta. Dopo un prolungato trillo della gran cassa in pianissimo sul do (1. s. p.) risuona l’incisivo motivo-segnale delle “trombe” (mag. harsona): do’ – sol’ – do”. Ben inquadrata nell’ottava do’-do” (2. e 4. s. p.), la quinta sol’ (3. s. p.), che nella sequenza degli armonici naturali è l’armonico portatore di “novità”, “splende” simultaneamente, e non casualmente, all’apparizione dei “raggi” di luce dell’astro Sole.
La quinta, che è il terzo suono parziale, è l’intervallo di contatto essenziale dell’essere umano al suo ambiente. La quinta è quella apertura al mondo che rialza l’anima in luminosa leggerezza. La quinta rinforza la fiducia in sé dissolvendo al contempo la paura e rendendoci generosi e aperti. La quinta rinforza anche la capacità di espressione, la chiara comunicazione insieme all’inspirazione, armonizzando sentimenti di colpevolezza, ansie e dubbi. La quinta, che agisce prevalentemente su laringe, polmoni, bronchie, organi di fonazione, nuca e mandibole, aiuta a fuoriuscire dal proprio isolamento sciogliendo insicurezza e timidezza.
In filosofia, secondo Aristotele, il termine Quintessenza (da latino quinta essentia “quinto esistente”, “risultato finale”, “idea/contenuto principale”, “natura di una cosa”) indica l’essenza costituente del mondo come quinto elemento assocciato al “cielo” e completamento dei quattro elementi terrestri fuoco – aria – acqua – terra. Sinonimo di Quintessenza è l’espressione Etere (lat. aether, ted. Äther). Suoi equivalenti in sanscr. sono Akasha “cielo”, la cui principale caratteristica è il “suono” Shabda, e Prana “vita”, “respiro”, “spirito”, “vitalità/forza vitale”: quell’energia vibrazionale ondulatoria che permea l’universo ovvero l’“Anima del Mondo”.
Armonia Pitagorica
Come già menzionato, l’armonia nella sua definizione pitagorica è una scienza della misura, del numero e della qualità, del suono. Suoni o toni udibili, cioè qualità, si manifestano come quantità, ovvero numero di lunghezza di corda rispettivamente di onda. E viceversa, in modo complementare a ciò, materiale quantità espressa in calcolabili numeri si trasforma manifestandosi come qualità, cioè suoni, toni e intervalli. Cosicché il delicato suono emanato dalle corde arpeggiate del policordo in fondo è una realtà quantica-numerica. Tuttavia è una matematica particolare, poiché essa tocca i nostri cuori provocandoci estasianti brividi. Il suono è fusione ovvero coesistenza di anima e ragione. Pitagora, che durante i suoi lunghi viaggi in Egitto e in Mesopotamia ha avuto modo di assimilare le antichissime conoscenze armoniche, dimostrò che l’altezza di un tono è proporzionale alla lunghezza della corda che lo emana e che gli intervalli fra le frequenze sonore sono semplici rapporti numerici. Secondo Filolao, matematico e astronomo pitagorico, il mondo è armonia e numero, e tutto è ordinato secondo proporzioni che corrispondono ai “tre” intervalli fondamentali della sequenza degli armonici naturali: ottava 2:1, quinta 3:2 e quarta 4:3.
Risonanza
Si distinguono vari tipi di risonanza. Essa può essere chimica, fisica, elettrica, meccanica, orbitale, magnetica nucleare, atomica, molecolare, cellulare o acustica. L’armonizzazione avviene sempre tramite risonanza per simpatia. Risonare e risonanza vuol dire praticamente “co-oscillare” (ted. mit-schwingen), “co-oscillazione”. L’udire e il vedere, come anche gli altri sensi di percezione, sono fenomeni di risonanza. Mentre udiamo e vediamo stiamo risonando con le onde acustiche e ottiche percepite rispettivamente attraverso gli orecchi e gli occhi. Le onde acustiche e ottiche vengono trasformate nell’organo di Corti dell’orecchio interno e nella retina dell’occhio in segnali elettromagnetici e trasmessi al cervello. Per intendere meglio che cos’è la risonanza e per poterla percepire, basta toccarsi la gola, la nuca, il naso o il petto mentre si parla o si canta. Sentiremo una vibrazione indotta dalle nostre corde vocali e trasmessa nel nostro corpo. Il nostro corpo è di fatto un risuonatore di frequenza. Questa trasmissione vibrazionale, anche fra corpi o piani diversi, è risonanza. Il suono dell’ottava, essendo il primo armonico al di sopra del suono fondamentale (quindi secondo suono parziale) e di frequenza raddoppiata, ha la risonanza più forte. Per questa ragione l’ottava costituisce l’elemento chiave che collega vari fenomeni naturali di carattere periodico come rotazioni planetarie, ritmi biologici, ritmi e suoni musicali, spherics atmosferici meteorologici, manifestandosi anche nell’ambito dei fenomeni vibrazionali intracellulari.
(H)armonizzazione
Ogni genere di armonizzazione è condizionata in maniera decisiva dal senso dell’udito. L’orecchio, questo miracoloso organo dell’essere umano, è praticamente al centro tanto di tutti i nostri eventi di comunicazione quanto di tutte le nostre vicende di movimento corporeo.
Quel che conta è l’esperienza. Armonizzazione si può sperimentare vivendo nel bel mezzo della natura una vita sana, semplice, elementare, bilanciata, pacifica di ritmo lento, svolgendo attività sia fisiche che spirituali che rallegrano il cuore, respirando bene e assimilando Prana. Armonizzazione si può sperimentare cantando e suonando. Armonizzazione si può sperimentare cucinando piatti con delle erbette aromatiche. Armonizzazione si può sperimentare accoppiandosi con l’essere amato, condividendo nello hieros gamos la beatitudine di fini orgasmi pervasi di luce. Armonizzazione si può raggiungere anche praticando una delle tante arti come ad esempio lo Yoga, il Taijiquan, lo Qigong, il Kyudō, l’Aikidō, il Chadō o l’Ikebana e via dicendo. Armonizzazione si può ottenere trovando pieno equilibrio nel danzare, nel pattinare, nel cavalcare e in molte altre situazioni ancora.
(H)armonizzazione col Labyrinthos originario/cretese
Una armonizzazione sottile e benefica si può sperimentare passeggiando attraverso la struttura di un Labyrinthos originario unicursale a sette circonvoluzioni, detto anche cretese. Nel 2003, mentre lavoravo alla scrittura del libro Labyrinthos Wortkernschichtung “Labyrinthos Stratificazione di Parole-Seme” e, parallelamente, alla costruzione del Labyrinthos di “Le Tombe”, stavo cercando la ragione dell’effetto bilanciante che il cammino dentro il Labyrinthos originario crea e che io stesso ebbi occasione di constatare. Mi venne l’idea di disegnare un diagramma a sette caselle in cui segnare con dei punti la sequenza dei suoi rigiri che è: 3 – 2 – 1 – 4 – 7 – 6 – 5 per l’andata verso il centro e 5 – 6 – 7 – 4 – 1 – 2 – 3 per il ritorno dal centro verso l’uscita. Unendo poi i punti con una linea e vedendo nascere la suggestiva immagine dello sviluppo mi rendevo conto di aver rinvenuto la quintessenza che contraddistingue la sua struttura e che manifesta con evidenza la causa del benefico effeto equilibrante percepito da tutti coloro che la percorrono. Appropriatamente questa struttura la chiamai di “simmetria speculare”. Essa costituisce in pratica una rifflessione pittografica della celebre, già citata, massima kingir/šumera KI.TA DIM AN.TA “In Terra come in Cielo”, una anticchissima conoscenza che non perderà mai la sua validità.
L’asse di simmetria nella sequenza di rigiri del Labyrinthos è costituita dal 4. rigiro: 3 – 2 – 1 – |4| – 7 – 6 – 5 , risp. 5 – 6 – 7 – |4| – 1 – 2 – 3 . Ora, se un individuo percorre questa struttura specifica, anche se non è a conoscenza di questa sua caratteristica, viene influenzato comunque in modo corrispondente da essa. L’influenzamento avviene in modo sottile ma assai concreto attraverso i labirinti auricolari che l’essere umano contiene nella propria testa, dentro ai suoi orecchi interni. Conviene ricordarsi del fatto che l’orecchio, l’organo del corpo umano plurime volte tripartito e trifunzionale, svolge in sincronia le tre funzioni: uditiva, di mantenimento dell’equilibrio e di orientamento nello spazio. L’apparato vestibolare dei labirinti auricolari è garante della capacità di stare ritto in piedi, e, connesso a ciò, della capacità di equilibrio e di orientamento nello spazio durante gli spostamenti. Quindi durante il cammino del percorso labirintico che include una serie di tornanti, una vera sfida al senso dell’equilibrio e dell’orientamento, vengono stimolate in maniera intensa e inevitabile le parti vestibolari dei labirinti con utricolo e sacculo. Questi contengono minuscoli cristalli di carbonato di calcio, detti otoliti. Registrando anche i più sottili movimenti della testa e della sua posizione rispetto alla forza di gravità, essi li segnalano al cervello. Questa circostanza implica il rilevamento dell’ordine di “simmetria speculare” da parte di camminatori e camminatrici. Entrando in risonanza con quest’ordine intrinseco al Labyrinthos originario, loro vengono “accordati” ovvero armonizzati, bilanciati.
(H)armonizzazione col Somachord
Il suono primordiale, ricco di armonici naturali, è nutrimento essenziale per l’essere umano, come la luce solare e il tocco cutaneo. È nutrimento sonoro tanto per le cellule del suo organismo quanto per la sua anima e per il suo spirito. Lo si può godere praticando e/o ascoltando il canto armonico e sentendo le sue benefiche vibrazioni risonanti nel particolare risonatore che è il nostro corpo. Ascoltando vengono stimolate prevalentemente le parti cochleari dei labirinti. O, a preferenza, lo si può sperimentare e assimilare in una Armonizzazione col Somachord.
Da quando vivo in Toscana, nella armoniosa terra di Maremma, sono solito accordare le corde del mio Somachord – un policordo a ventisei corde sviluppato dall’amico H. P. Klein sulla base del monocordo pitagorico – che utilizzo per trattamenti di armonizzazione. E le accordo tutte quante alla medesima altezza corrispondente a una frequenza planetaria scelta. Di solito i suoni analoghi ai ritmi planetari vengono individuati dopo il calcolo utilizzato dallo svizzero Hans Cousto nel suo libro Die Kosmische Oktave “L’Ottava Cosmica”. L’accordatura è assai delicata e richiede un udito ben educato capace a distinguere discordanze minime e, oltre a ciò, anche a constatare se la frequenza della corda da accordare deve essere alzata o abbassata. Inizio l’accordatura trasponendo la frequenza scelta dal diapason sulla prima corda (quella più lontana da me) dello Somachord. Poi, utilizzando solo il proprio udito, dalla prima corda alla seconda e alla terza, alla quarta, alla quinta ecc., facendo anche dei controlli transversali, finché tutte le corde sono sintonizzate sulla stessa frequenza. L’effetto di interferenza che nasce dalla (h)arpeggiatura delle corde produce un campo sonoro ricchissimo di armonici ovvero i suoni parziali del suono complessivo.
Le dimensioni del policordo Somachord permettono alla persona ricevente la corrente di suono primordiale di stendersi sulla superficie del corpo di risonanza, e così percepirne il suono, oltre che attraverso l’udito anche con l’intero suo essere.
L’impiego della corrente di suono primordiale per fini di armonizzazione crea un effetto di purificazione, di bilanciamento e, in ultima conseguenza, di guarigione. Questo avviene perché viene realizzata una intima e immediata connessione tra soggetto ricevente e corrente di suono, mettendolo in uno stato di risonanza con essa, che poi altro non è che una sua espressione di accettazione. Essere coinvolti nella iridiscente corrente armonica del suono primordiale vuol dire invero identificarsi con essa. La persona ricevente distesa sul policordo Somachord è toccata e coinvolta intensamente dal flusso delle benefiche onde sonore. L’ordine cosmico, ovvero l’armonia immanente al suono, percepito in un modo così diretto e toccante, metterà in risonanza tutte le cellule del patrimonio cellulare del soggetto ricevente, riequilibrandole, riorganizzandole e risvegliandole all’armonia universale di cui anche loro sono partecipi.