ORVIETO, SALPINUM E VELZNA di Marco Morucci
Anche Marco Morucci di San Lorenzo Nuovo (archeologo alternativo, per autodefinizione), porta al tema Bolsena=Velzna il suo contributo. Considerato che il lavoro è corposo, ne riprendiamo alcune parti particolarmente significative,. L’autore inizia con l’illustrazione dei risultati della sua ricerca effettuata sulla figura di Karl Otfried Müller, lo studioso dell’ottocento alle conclusioni del quale si rifanno ancora oggi i sostenitori della tesi Orvieto=Velzna: “ ….Ho iniziato dalla cosiddetta prova principe, la tesi espressa da Karl Otfried Müller nel suo libro “Gli Etruschi – Die Etrusker (Breslau 1828) ”, nel quale l’autore espresse il parere di dover ricercare la Volsinii etrusca non a Bolsena, considerata fino a quel momento la legittima erede di Velzna, ma ad Orvieto. Certo, da allora molte cose sono cambiate: allora non si poteva sapere che circa 120 anni dopo Raymond Bloch avrebbe riportato alla luce, sopra Bolsena, un muro robusto simile a quello descritto da J. Zonara. (Epitome historiarum, VIII, 7, 4), senza dimenticare inoltre la scoperta fortuita della porta della città, la cosiddetta “ porta Capite “ costruita a somiglianza della porta Scea di Troia. Gli scritti di Müller peraltro sono ancora considerati verità assolute dagli archeologi di tutti i tempi. Non conoscendo le sue opere ho effettuato un’ indagine e vi espongo il risultato: Karl Otfried Müller era un valido grecista e i suoi libri, anche se scritti agli albori della ricerca archeologica, rimangono indispensabili nella teoria ma sono ormai sorpassati dai nuovi sistemi di scavo, dalle ultime scoperte e dal progredire della traduzione dell’epigrafia etrusca. Teoria, era questa la sua forza: egli studiava ogni più piccola scoperta, seguiva ogni traccia leggendo gli antichi epitomi ma aveva un punto debole, non era mai stato attivo sul campo, e questo lo si può arguire dalla sua tragica morte avvenuta “per insolazione dopo solo una settimana di lavoro di escavazione in Grecia”. Inoltre venne in Italia solo nel 1839 ma non vide mai Orvieto e non poté quindi rendersi conto del proprio errore: questo ha dato vita a una catena di equivoci che continuano anche oggi.Per chiudere questa indagine sulla vita di Müller, riporto un’altra sua teoria sul numero delle città che formavano la dodecapoli. Asserì infatti il Müller che, secondo una sua ipotesi, queste dovevano essere almeno 17, inserendo forzatamente tra di esse alcune città etrusche diciamo “di secondaria importanza”. Quindi ora penso di non sbagliare se affermo che la tesi primaria di Orvieto=Velzna è fondata su di una affermazione storica assai labile.”
Il tema dell’acqua è un ulteriore argomento per il caso Velzna e la sua ubicazione. Morucci rileva che Barbara Lucrezia Paganelli, in un suo libro, scrive che il “culto delle acque” sarebbe testimoniato anche ad Orvieto e Vulci. La città di Orvieto, sostiene al contrario il Morucci, al tempo degli Etruschi era priva di fonti, come dimostra anche un libro del Monaldeschi, consultato dall’autore, che racconta dell’unica volta in cui la Rupe ha avuto acqua in abbondanza. Narra il Monaldeschi che “nell’anno 1139 nel mese di agosto venne un tal diluvio che Orvieto fu inondato dalle acque in tal misura che dall’alto a malapena si vedevano gli arbori della piana”.
In realtà, sostiene il Morucci: “Gli antichi testi ai quali ha attinto la Paganelli parlano dell’abbondanza delle sorgenti di Velzna e dei riti svolti ad una delle sue fonti. Quindi Velzna non può essere Orvieto che non ha mai posseduto fonti, ma solo cisterne di raccolta dell’acqua e i profondi e numerosi pozzi a base rettangolare che, si sostiene, siano stati scavati per raggiungere le falde acquifere. Non bisogna inoltre dimenticare che il tempio del culto delle acque, dedicato alla dea Norzia descritto da R. Festo, era ubicato nella città di Bolsena”.
Quella che qui abbiamo riportato è solo la parte dell’articolo in cui Morucci confuta la tesi Orvieto=Velzna. L’intento dell’autore, che titola il suo articolo “Ipotesi Orvieto=Salpinum, è anche altro e di sicuro interesse. Indagando sui reperti rinvenuti e sulla natura dei manufatti portati alla luce dagli scavi in corso in località Campo della Fiera, l’autore giunge ad ipotizzare che il luogo sia stato ben altro che il tanto cercato Fanum Voltumnae.
In una sua recente comunicazione, Morucci scrive sulla necropoli del LAUSCELLO (a un km da Bolsena), dove sono in corso scavi archeologici condotti da un’équipe statunitense: “in questa necropoli si trovano i cosiddetti “vasi argentati” datatì al II/I sec. a.C., mentre vasi analoghi provenienti dalla stesa necropoli ed esposti al museo di Chiusi o di Orvieto sono datati al IV sec. a.C. Ciò mi ha fatto sorgere la seguente domanda: quale delle due datazioni è errata? Affidandomi alla logica ho controllato i particolari delle campagne di scavo. Data la posizione, la necropoli del Lauscello/Selvetella è considerata facente parte di Bolsena e insieme a quella del Fattoraccio e di Casa Perazza, hanno tutte dei corredi funebri simili, anche se il Lauscello ha delle particolarità: risulta essere una necropoli di sole donne (B. Klakowicz); la parte centrale era dedicata alle matrone le quali durante l’assedio dei Romani, per mancanza di materie prime, fecero sperimentare nuovi colori per i loro vasi, in particolare sugli unguentari”.
- Ricostruzione del corredo funerario della tomba a camera della necropoli di Laauscello
Nota: Marco Morucci, ricercatore e studioso del territorio etrusco, vive a Castel Giorgio (Vt), è lo scopritore del tempio etrusco rinvenuto sul monte Landro (San Lorenzo Nuovo – Vt)